libro/extra#1
Filmare una leggenda metropolitana
di Riccardo Neri
E’ nato tutto per una pura coincidenza. Un amico regista che mi chiede un aiuto nel realizzare uno spot sociale sul traffico di organi. Io accetto e mi incuriosisco. Inizio una banale ricerca, che come l’80% della popolazione mondiale, vede il primo passo nello scrivere una parola chiave nella stringa bianca di Google. “Organ trafficking”, “Kidney on sale”, premo il tasto enter e mi si apre davanti agli occhi un mondo. Da quel momento ho avviato una lunga ricerca, scioccante, imprevedibile, per certi versi inaccettabile.
Da li è nato H.O.T., più che un film-documentario, lo definirei un’esperienza, almeno per quanto mi riguarda. L’esperienza di viaggiare e di raggiungere angoli della terra dove da turista non andrei mai, l’esperienza di incontrare persone, esseri umani così diversi da me, l’esperienza di condividere con le eccellenze della medicina, del giornalismo dell’antropologia, momenti di studio e di ricerca. Un’esperienza non ancora terminata, che ci sta portando in giro per il mondo a festival ed eventi, a ritirare premi e riconoscimenti, ad intervenire ad incontri sul tema.
H.O.T. è tutto questo. Non potevo fare altrimenti. Sentivo il bisogno di raccontare e di dover comunicare alla massa, dell’esistenza di questo grande ma sommerso problema sociale. Lo strumento a mia disposizione era ciò che faccio per vivere, e così è nata l’idea del documentario. La ricerca mi ha portato a selezionare un regista, Roberto Orazi, che a mio avviso ha tutte le giuste caratteristiche per trattare questo tema: sensibilità, spirito di sacrificio, umiltà e curiosità. I nostri punti di vista hanno trovato subito affinità nelle scelte stilistiche, autoriali e produttive.
Roberto non voleva fare un reportage, ma era impossibile non farlo. Ha scelto di raccontare storie, dando il giusto spazio all’aspetto cinematografico, curando le ambientazioni, i dettagli del background della scena, ricercando il giusto momento per avere la luce giusta. Il risultato è proprio ciò che entrambi volevamo. La ricerca effettuata aveva portato ad una conoscenza del problema, Roberto aveva scritto una serie di trattamenti, ma eravamo in qualche modo fermi, cercando di capire da dove iniziare, come avviare le riprese e raccontare le storie e di chi? La lettura dell’articolo di Alessandro Gilioli, e il successivo incontro ha dato l’input a partire. Prima tappa Nepal, stessi posti dove Alessandro aveva precedentemente realizzato il suo articolo, stessi luoghi, stesse persone, stesso iter.
Ultimo tassello, un bravo fotografo. Ritengo essenziale che momenti ed esperienze di questo tipo vadano sempre fermati con immagini fotografiche. Sale a bordo Niccolò Guasti, fiorentino, fotografo giovane ma di eccellente talento e gusto. La squadra è fatta e un po’ incerti sul da farsi, ma fiduciosi che stavamo navigando nel giusto mare, partiamo alla volta di Kathmandu. E’ novembre del 2007.
Per una volta nella vita, ho fatto quello che nel mio mestiere non va mai fatto: partire per girare in un paese straniero senza aver preparato nulla. E’ la cosa più rischiosa che si possa fare. Si va incontro a giornate vuote, senza sapere cosa fare, con la macchina produttiva in funzione e i costi che scorrono inesorabili.
Arrivati in Nepal invece, non abbiamo avuto un’ora libera. 10 giorni no stop a girare e viaggiare. Incontri con donatori, mediatori, medici, scrittori, giornalisti, poliziotti. Tutti i nostri attori a disposizione, gli scenari giusti, le ambientazioni giuste. 20 ore di materiale girato. La ricostruzione della storia di Gilioli, messa in video, una nuova trattativa per l’acquisto di un rene. Da li in poi tutto è avvenuto più facilmente. Rientrati in Italia abbiamo conosciuto Ignazio Marino la cui disponibilità ed esperienza ci ha presentati al mondo medico ed antropologico. Tramite Marino arriviamo a Nancy Scheper Hughes, antropologa, massima eccellenza tra chi studia questa piaga sociale. Nancy abbraccia il progetto con entusiasmo, ci guida attraverso i suoi contatti e così arriviamo a Gaddy Tauber e Captain Ivan in Brasile, Mehemet Haberal e Yusef Sonmez in Turchia, Francis Delmonico e Alireza Bagheri negli Stati Uniti, Iraji Fazel in Iran.
Ci spostiamo in Turchia prima, e dopo qualche settimana in Brasile. Recife, una città violentissima. Mettiamo in piedi una rete di contatti, e ognuno ci guidava facilmente al successivo, e così via. Terminiamo le riprese alla fine del 2008, manca poco. In coda veniamo a conoscenza della presenza in Italia di Paulo Ayrton Pavesi, Brasiliano, vittima di questo sistema.
Nel 2000 gli viene assassinato il figlio di 10 anni a San Paolo. Lui inizia una guerra senza confine col sistema politico Brasiliano, a suo avviso, correo con le organizzazioni criminali che gestiscono questo traffico. Paulo vive ormai in Italia, rientrare in Brasile non è consigliabile, dopo 7 processi vinti. Dopo Paulo, arriva il grande aiuto della Laogai Research Foundation, presenziata da Harry Wu e da Toni Brandi. La Cina, grande serbatoio di organi umani riciclati dai condannati a morte. Harry Wu ci rilascia un’intervista e ci autorizza all’utilizzo di scioccanti immagini di sua proprietà, alcune di queste sono nel film a chiusura di un racconto agghiacciante sui comportamenti insani del genere umano.
Sono voluto andare a fondo, terminare il film con risorse finanziarie proprie, perché ho sempre creduto che fosse giusto farlo. I meccanismi del mercato cinematografico, lenti e tortuosi, non hanno mai spento la voglia di raccontare ed ultimare questo progetto. L’esperienza di questi viaggi, sul piano personale, mi ha permesso di conoscere persone semplici, povere ma pure, talvolta felici di possedere quel semplice diritto di tutti che si chiama vita.
Ogni viaggio ha lasciato in me un senso di maturità, ha colmato la spiritualità che spesso il mondo occidentale tende a non mantenere in prima linea nei valori del vivere. Sono rimasto altrettanto colpito da come la mente umana arriva a concepire determinate azioni giuste. Sentirsi dire da un mediatore che considera la sua attività benefica sia per il donatore sia per l’acquirente, che lui salva in questo modo due vite, senza minimamente concepire quanto poco umano sia, indurre, per povertà, un uomo a vendere per pochi dollari una parte del suo corpo, Tutto questo ci pone davanti a 1000 domande. L’aspetto politico del tema va considerato. Una volta chiesi a Nancy: “non sarebbe meglio avere una legge a livello mondiale, come per la droga, la pedofilia, la prostituzione?” Non avevo considerato, gli interessi economici delle case farmaceutiche, assicurative, gli aspetti religiosi e tantomeno, non avevo fatto i conti con quanto la povertà e l’ignoranza siano utili al resto del mondo.
In ultima analisi vorrei rivolgere un sentito ringraziamento a tutti coloro che ci hanno supportati durante questo lungo percorso, con lo stesso entusiasmo che noi abbiamo avuto, con la stessa devozione e professionalità.
Riccardo Neri, Roberto Orazi, Ignazio Marino e Alessandro Gilioli